L’incisione

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Incisione del 1660 raffigurante la sezione della cupola della chiesa  di S. Andrea del Noviziato dei Padri Gesuiti.

 

 

 

 

 

 

 

L’amore per i miei studi mi sta riconquistando e così ho deciso di recuperare gli appunti preziosi che appartengono alla prestigiosa Scuola d’Arte Andrea Fantoni. 

Per questo ho inserito la sezione TECNOLOGIA , dove potrai trovare nel tempo, un’ampia descrizione di tecniche molto spesso antiche, perché non vadano perse e perché chi si accinge alle arti figurative seppur con tecniche attuali, sia consapevole del loro valore.

Buona lettura.

 

L’Incisione

È la più antica espressione artistica e con questo termine (arte di scavare sopra una superficie dura) si intende l’incisione in genere, sui metalli.
Le varie tecniche incisorie sono:
Acquaforte
Acquatinta
Bulino
Litografia
Xilografia

Le incisioni su metallo sono dette anche calcografie e si dividono in due categorie:
– calcografia incisa con l’aiuto degli acidi
– calcografia a mano

Alla prima categoria appartengono l’acquaforte, l’acquatinta, la vernice molle, la maniera a penna.

Alla seconda categoria appartengono il bulino e la punta secca.

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L’ uso della terra d’ombra nella tecnica dell’ affresco

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L’uso della terra d’ombra nella tecnica dell’affresco
La terra d’ombra veniva utilizzata non come puoi pensare in polvere per dipingere, ma bensì in pezzi proprio come quello che vedi in foto e che è un “reperto” di quando frequentavo la scuola d’Arte.
Vuoi sapere l’uso che se ne faceva? Decisamente insolito direi, visto che serviva per le prove colore.
Ti spiego.
Nell’affresco si utilizzano i pigmenti, quasi sempre di origine minerale, ovvero i colori in polvere da miscelare semplicemente con acqua e da applicare sull’intonaco fresco. In questo modo, una volta che nell’intonaco si sia completato il processo così detto di carbonatazione, il colore ne sarà completamente inglobato, acquistando così particolare resistenza all’acqua e al tempo.
Per sapere quale sarebbe stata la tonalità del colore una volta asciutto, ne applicavamo una pennellata sopra il pezzo di terra d’ombra che avendo la peculiarità di assorbire immediatamente l’acqua, ci permetteva di osservare un risultato molto simile a quello finale.
Curioso vero?image

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LO STRAPPO DELL’ AFFRESCO

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Sento ancora il profumo umido della malta quando all’istituto d’arte preparavamo l’intonaco per dipingerci sopra quando era ancora fresco appunto.
Non è che dipingevamo direttamente sul muro ma avevamo dele cassette di legno delle dimensioni non troppo grandi (cm.40×50 circa) che ci permettevano però, di stendere al loro interno, uno strato di intonaco che dovevamo rendere il più liscio possibile. Avevo dei compagni di classe bravissimi in questo anche perchè facevano i muratori.
A me questo passaggio non riusciva benissimo e mi ricordo ancora le “urla benevole” del mio professore Alberto Rizzi che mi sgridava perchè pretendeva di più. Dopo tanti anni l’ho cercato perchè avrei avuto il piacere di salutarlo ma purtroppo non c’è più.
Conservo ancora il deplian di una mostra che fece alla Galleria d’Arte L’ARALDO di Bergamo nel 1973 e che pubblico, sperando di non far torto a nessuno, dove espose una serie di affreschi che erano la sua peculiarità.

Aberto Rizzi

 

 

 
il bello degli affreschi è che, una volta realizzati, si possono trsferire su tela con la tecnica antica dello STRAPPO. Su questa tecnica praticamente non vi sono testi e chi la conosce, la custodisce gelosamente.
Io la sto “rispolverando” ora, rimettendo in pratica ciò che appresi tanti anni fa.
Spero presto di poter insegnare in un corso di eccellenza, questa preziosa tecnica antica.

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